La storia finora: Shannon, la figlia di Sharon Carter è stata rapita da Crossbones e Madre Notte che vogliono vendetta su Steve Rogers e i Vendicatori Segreti per il loro ruolo nella sconfitta e la morte del Teschio Rosso. Sharon chiede aiuto a Steve ed il gruppo parte per la missione di salvataggio.

Purtroppo per loro, ad attenderli c’è solo una serie di trappole.

 

#27

 

 NON AVER PAURA

Di Carlo Monni, & Carmelo Mobilia

 

 

Bergen County, New Jersey.

 

 

Era un rifugio anti atomico degli anni 50. Freddo, umido, maleodorante.

Steve Rogers e Sharon Carter si erano recati lì perché convinti che la figlia di lei, Shannon vi fosse stata rinchiusa, ma al loro arrivo erano caduti in una trappola tesagli da Crossbones, il braccio destro del Teschio Rosso, che li aveva rinchiusi là sotto dopo averli ingannati.

Intrappolati, senza apparente via d’uscita, Steve e Sharon stavano per affrontare una morte lenta per asfissia e sapevano bene di non poter contare sull’arrivo di rinforzi in tempo.

Steve estrasse dalla sua cintura una torcia elettrica e l’accese.

<Quel dannato ha saldato l’uscita del bunker.> commentò <Anche se riuscissi a raggiungerla non potrei mai aprirla con le mie sole forze.>

Alle sue spalle sentì singhiozzare.

<Sharon... ma cosa...>

La donna era scoppiata in un pianto disperato.

<Siamo finiti... la mia bambina in mano di quei... quei mostri! E io non sono riuscita a salvarla!>

Stava avendo una crisi di panico. Steve l’abbracciò, cercando di consolarla e di farla calmare.

<Sharon, tesoro... calmati. Ne usciremo. Te lo prometto.> le disse, affettuosamente.

<Non capisci...  io volevo tenerla fuori da questa maledetta vita! Per questo ho tenuto nascosta la sua esistenza a tutti! Pure a te...> disse in preda alle lacrime poi, tirando un sospiro, confessò:

<Steve ... lei... è tua figlia. >

<Lo so. Io... credo di averlo sempre saputo. >

<Che ne sarà adesso di lei? Chi se ne prenderà cura?>

<Basta Sharon. Ci penserai tu. Ti tirerò fuori.>

<Ma come? Non c’è modo...>

<C’è sempre un modo.> così dicendo si alzò in piedi, scrutando con attenzioni le pareti e la botola di metallo sopra le loro teste.

Quel suo modo di fare sicuro, quel suo non arrendersi mai e quella determinazione a non abbandonare la speranza erano i motivi per il quale Sharon s’era innamorata di lui anni prima, gli stessi per i quali anche sua zia Peggy se ne innamorò e per i quali una parte di lei avrebbe continuato ad amarlo per sempre.

Steve estrasse dalla cintura un cavo di metallo che srotolò rapidamente. Sulla cima  fissò un piccolo magnete ringraziando mentalmente la preveggenza di chi aveva deciso di equipaggiare il costume con tutti questi gadget. Lanciò il cavo  che si fissò alla botola. Con la consueta agilità da atleta olimpionico, si arrampicò fino alla cima, e saggiò la consistenza del portello. Il suo piano era azzardato ma poteva funzionare. In ogni caso, lui e Sharon non avevano nulla da perdere.

Attivò il suo scudo energetico  e lo modellò sino a fargli assumere la forma di una lama sottile che infilò nell’altrettanto sottile intercapedine della botola per poi farla espandere.

La botola non resse alla pressione e cedette. Contemporaneamente Steve  si lasciò cadere e andò incontro a Sharon, attivando ancora lo scudo energetico e usandolo a mò dì ombrello.

<Sta accovacciata Sharon. E copriti la testa.>

Così dicendo Steve coprì istintivamente Sharon col suo corpo dai detriti che ricadevano su di loro ma fu una precauzione superflua: lo scudo li protesse efficacemente e la via d’uscita era aperta.

 

 

Da qualche parte a Manhattan.

 

Luke Cage aprì la porta e lui e la ragazza dai capelli corti color biondo veneziano, noto anche come biondo fragola, entrarono nell’appartamento sito in una palazzina di pregio del centro.

<Eccoci qua. Spero che ti piaccia.> disse mentre andava ad aprire le finestre.

<Io… non so … non posso accettare.> balbettò Priscilla Lyons togliendosi gli occhiali da sole.

Per la prima volta da che l’aveva conosciuta poche ore prima Luke poteva guardarla negli occhi e come si era immaginato erano due specchi di un azzurro intenso. La squadrò senza darlo troppo a vedere: aveva tutte le curve giuste nei punti giusti ed erano valorizzate da ciò che indossava, vale a dire pantaloni scuri attillati, una maglietta bianca aderente e un giubbotto di pelle nera. Non poteva non attirare l’attenzione.

Cage scacciò, o almeno ci provò, certi pensieri decisamente poco professionali sulla ragazza e le disse:

<Sciocchezze. Mi hai appena detto che non hai dove andare a dormire stanotte e mi sentirei un verme se ti lasciassi dormire sotto un ponte. Questa è ancora una città pericolosa di notte per una ragazza, almeno in certi posti.>

<Lo so.> si limitò a rispondere Priscilla e dal tono della sua voce Luke capì che non mentiva.

<Questo è un appartamentino che la Rand-Meachum usa per ospitare clienti di riguardo o dirigenti che vengono da fuori. Al momento è vuoto. Ho parlato col mio amico Danny Rand della tua situazione e ha detto che puoi restarci finché ti serve.>

<Io… non so cosa dire.>

<Io direi che grazie è più che sufficiente. Ora pensiamo ad altro. Hai detto che sei assolutamente senza soldi dopo il tuo viaggio dallo Iowa, giusto? Potrei prestarti qualcosa.>

<Non se ne parla nemmeno. Hai già fatto troppo e devo anche pagarti per il lavoro che hai accettato di fare per me. Mi arrangerò in qualche modo, magari con qualche lavoretto, se riesco a trovarlo.>

Luke tacque riflettendo per qualche attimo,poi disse:

<Ho un amico fotografo che mi deve un favore. Lui forse può trovarti un lavoro come modella. Il fisico ce l’hai. Ma ti avverto: non è roba per educande.>

<Ho fatto la prostituta. Non può essere peggio.>

Luke non  batté ciglio alla rivelazione. Nella sua vita poche cose lo sorprendevano ormai e aveva già capito che la ragazza aveva fatto brutte esperienze. C’era dell’altro, lo sentiva, ma lei glielo avrebbe detto a tempo debito, ne era certo.

Trovò il numero del suo amico e lo chiamò:

<Ernie, vecchia pellaccia, sono Luke Cage, come va? Ho sentito che eri tornato a New York e… beh ho qui con me una ragazza in gamba che se la passa male ed è in cerca di lavoro. Mi chiedevo se tu… sul serio? Te la porto subito. Sei un amico Ernie.>

<Perché fai questo per me?> gli chiese Priscilla.

Luke fece un sogghigno e rispose:

<Forse ho l’anima del buon samaritano o forse sto solo facendo il mio interesse: se hai un lavoro, allora avrai i soldi per pagarmi. Non mi piace lavorare gratis, sai? Ora muoviamoci: non facciamo aspettare Ernie e…>

Mentre parlava, Luke si era di nuovo avvicinato alle finestre per chiuderle. Priscilla sentì la sua esitazione e chiese:

<Qualcosa non va?>

<Nulla.> rispose Cage<Ho solo avuto la sensazione che… ma probabilmente mi sbaglio. Andiamo. Devo ancora cominciare a dare la caccia al tuo sfuggente amico Nomad, ricordi?>

 

 

Rifugio segreto di Crossbones e Madre Notte

 

Certi criminali hanno una passione per la teatralità e il dramma. Per loro, gli avversari non basta ucciderli, ma devono venire umiliati, terrorizzati e fatti soffrire; solo allora il trionfo su di essi sarà completo e gli sarà concesso morire. Susan Scarbo alias Madre Notte aveva imparato tutto questo dal più sadico e perfido dei criminali: spezzare psicologicamente il nemico per piegarne sadicamente lo spirito era uno dei dogmi del Teschio Rosso, il suo perfido insegnante. 

Per questo motivo aveva imprigionato Nomad e Donna Maria Puentes anziché eliminarli dopo averli sconfitti grazie a delle diaboliche illusioni.

<Salve, ben svegli.> disse con sarcasmo.

Jack Monroe riaprì gli occhi e dopo qualche secondo di disorientamento si ricordò cos’era successo e vedendo il viso tumefatto di Donna Maria sentì il cuore riempirsi di senso di colpa e rimorso.

<Maria... mi dispiace. Io non sapevo... cioè credevo...>

<Non scusarti Jack. Non è colpa tua...>

<No infatti; sei stato drogato e usato come un burattino. Esattamente come l’altra volta; sì, ora mi ricordo di te... eri quel bamboccio che usammo per drogare Rogers anni fa.[1] Non sei affatto cambiato da allora; basta un bel faccino di donna, un po’ di droga suggestionante e diventi un completo bamboccio... AH AH AH AH AH AH AH! Sembravi un cane in calore, quando ti strusciavi addosso a questa baldracca latina...>

<Schifosa bastarda, ma io ti ...>

<Shhhhhhhh!  Non fiatare... non serve a nulla. Tu morirai... la tua amica morirà. Morirete tutti... pagherete per aver ucciso il mio Johann...>

<Non siamo stati noi ad uccidere quel ... mostro. Magari l’avessimo fatto...> esclamò Donna Maria.

<TACI PUTTANA!> urlò Susan Scarbo afferrandola per la mandibola, in modo da non farla parlare <È  morto per colpa vostra! Ma ve la farò pagare cara... a te in modo particolare; ti farò stuprare da ogni uomo a mia disposizione... ancora, e ancora, fino a quando m’implorerai di spararti in testa! NESSUNO DI VOI USCIRÀ’ VIVO DI QUI!> gridò furiosa, schiaffeggiando entrambi, poi se ne andò, lasciandoli soli nell’oscurità della loro cella.

<Non starla a sentire... Steve verrà a salvarci. Vedrai.> disse Maria.

<”Steve verrà a salvarci” dici... beh ne ho le palle piene di farmi salvare la buccia da lui; è ora che diventiamo grandi e iniziamo a cavarcela da soli...> e così dicendo Jack iniziò a tirare le catene con tutta la sua forza.

<NNNNNNNNNNNNNNNN! Vedrai che...  NNNNNNNNNNNNN... ti libererò da quest’incubo, Maria... fosse – ngh! – l’ultima cosa che faccio in questa stupida vita...>

 

 

Biblioteca di Tucson, Arizona.

 

Nulla da fare. Amadeus Cho si alzò sconsolato dalla sua postazione video. Non avrebbe ricavato niente che già non sapesse dalle informazioni pubbliche. Gli servivano i dati delle indagini dello Sceriffo ma lui non avrebbe mai condiviso informazioni con un sedicenne, per quanto dotato di un’intelligenza superiore, perfino se era il figlio e fratello delle vittime. Eppure doveva accedere a quelle informazioni in qualche modo.

<Che idiota!> esclamò attirandosi gli sguardi di disapprovazione degli altri utenti della biblioteca.

Non perse tempo a scusarsi ed uscì di corsa.

Era talmente ovvio che non ci aveva pensato: ora aveva la chiave di accesso al database dello S.H.I.E.L.D. e a quello dei Vendicatori grazie ad Iron Man.[2] Le informazioni che stava cercando dovevano essere lì per forza, doveva solo trovare un luogo sicuro dove poterle scaricare.

Uscì di corsa dalla biblioteca e non si accorse che qualcuno lo stava osservando.

 

 

 Bergen County, New Jersey.

 

Il piano era riuscito; l’esplosione provocata aveva fatto saltare la botola del bunker facendo penetrare la luce della luna. Con una “robusta” scrollata di spalle, Steve si liberò dai detriti che gli erano crollati addosso.

<Sharon, stai bene?> domandò alla donna.

<S... Sì... grazie. E non solo per avermi fatto da scudo. Io... non so cosa mi sia preso prima.  Una volta niente mi spaventava, ma l’idea di perdere Shannon...>

<Tutto cambia quando diventi genitore. Non te ne devi vergognare Sharon; significa che siamo ancora umani, nonostante gli orrori a cui siamo costretti a vedere. Ora vieni; andiamo a riprenderci nostra figlia.> disse Steve, poi dalla cintura estrasse un cavo e lo lanciò verso l’uscita.

Si tirò su e l’aria della notte fu tonificante per i suoi polmoni. Poi aiutò la donna a fare altrettanto.

<Ci sei?>

<Sì. Steve, non devi trattarmi con accondiscendenza per via di prima, io ... ATTENTO!> spinse via Steve, togliendolo dalla traiettoria, ma finì per rimanere colpita dal dardo di balestra.

<SHARON!> gridò Steve, spaventato.

<Tranquillo> disse lei stringendo i denti <E solo... di striscio. Occupati di lui.>

Alle loro spalle Crossbones avanzava minaccioso.

<Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te, Rogers!> esclamò stizzito <L’avevi presa troppo bene... e quell’esplosione che ho udito non poteva significare nulla di buono. Stavolta mi assicurerò personalmente che il tuo cuore cessi di battere... strappandotelo a mani nude!> aggiunse, caricando un altro dardo, quando improvvisamente qualcosa lo privò della sua arma.

<Ma cosa diavolo...?> era uno shuriken a forma di stella americana, gli stessi che usava John Walker quand’era il Superpatriota e che adesso utilizzava Eli Bradley.[3] Steve se li era fatti fornire da Fury in quanto gli serviva un’arma da lancio, ora che era senza il suo scudo, e questa era stata l’occasione migliore per esibirli.

<Nuovi giocattoli, vedo... beh anche io ne ho di belli...> così dicendo Crossbones estrasse due manganelli.

Steve attivò il suo scudo energetico e gli si scagliò contro, furioso.

<Sei un animale da rinchiudere Crossbones...  te le farò pagare tutte!>

Il criminale cercò di colpirlo alla testa, ma l’ex Capitan America parò i colpi che il suo avversario cercò di infliggergli coi bastoni per poi colpirlo con un gancio destro pieno di rabbia e rancore.

<Vedo che ancora ti nascondi dietro uno scudo... un’abitudine dura da togliersi eh? Beh vediamo come farai, una volta che ti avrò staccato quel braccio.>

Rogers schivò l’ennesimo attacco e colpì con un calcio al petto, facendolo cadere a terra e privandolo di un bastone.

Crossbones si rialzò e tornò all’attacco. Cercò di colpirlo più volte fino a quando Steve riuscì a bloccargli entrambi di polsi.

Erano in una situazione di stallo, costretti ad una prova di forza. I loro muscoli erano talmente tesi che parevano sul punto di esplodere.

<Avresti dovuto restare nascosto nel buco dove t’eri rintanato, Rogers!> ringhiò il braccio destro del Teschio Rosso < Sei stato una spina nel fianco per troppo tempo. Devi morire, e stavolta per davvero!!>

<Crossbones... tu parli troppo!> così dicendo Steve si piegò all’indietro, trascinando il suo avversario con se e, piazzandogli la pianta del piede sul petto, eseguì una perfetta proiezione di judo, balzandolo in aria e facendolo atterrare di schiena.

Crossbones, furioso e dolorante, si alzò da terra ed estrasse la sua letale lama da polso.

<Ti ammazzo Rogers... stavolta chiudiamo tutti i conti... >

<Sei solo il cane idrofobo di un pazzo che doveva morire settantanni fa! Fatti avanti!> disse Steve con rabbia.

 

 

Da qualche parte in Virginia.

 

Il Soldato d’Inverno saltò fuori dal suo nascondiglio correndo verso la base segreta del Teschio Rosso e la Vedova Nera non ebbe altra scelta che imitarlo e seguirlo.

Al posto della base c’era adesso un enorme cratere circondato dai corpi dilaniati degli agenti delle squadre d’assalto dello S.H.I.E.L.D. e altre agenzie federali americane che li fiancheggiavano. C’erano sangue e pezzi di esseri umani dappertutto e un puzzo atroce: quello dell’esplosione misto a quello di carne umana bruciata.

L’intera base nascosta era stata trasformata in una gigantesca trappola esplosiva.

Yelena Belova non resistette ed ebbe un conato di vomito. Bucky Barnes, invece, riuscì a trattenersi.  Aveva troppa rabbia in corpo per lasciar spazio alla nausea.

Avrebbe potuto fare qualcosa per salvare quei ragazzi? Continuava a domandarsi.

Deboli lamenti lo distrassero dai quei cupi pensieri. Qualcuno era sopravvissuto a quella devastazione? Doveva smettere di pensare ai morti ed occuparsi dei vivi adesso.

Anche Yelena si era ripresa. Era bianca come un cencio appena lavato ma stringeva i denti. In un lavoro come il loro si tendeva troppo spesso a dimenticare che erano pur sempre degli esseri umani e che c’era un limite a quello che potevano sopportare.

Insieme controllarono i feriti. L’occhio clinico di Bucky, temprato fin da quando era solo un adolescente sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale, capì subito che alcuni di loro non sarebbero sopravvissuti quanto bastava per ricevere le cure necessarie dai soccorsi che sarebbero arrivati di lì a non molto, ma gli altri non li avrebbe lasciati morire senza almeno tentare di aiutarli.

Improvvisò delle medicazioni con quel poco che aveva. Poteva tamponare le ferite e poco altro.

<Tieni duro soldato.> disse ad un ragazzo di chiara origine giapponese <I soccorsi stanno arrivando.>

Quelle parole, dette senza pensare, lo riportarono di colpo con la memoria indietro di sette decenni. Possibile che la gente non imparasse mai dalla follia della guerra?

<Chi… chi sei?> gli chiese il ragazzo.

<Un amico.> si limitò a rispondere lui.

<La tua maschera… sei uno di quei supereroi?>

<Diciamo di sì.> rispose Bucky poco convinto.

<Prendili! Prendi quei figli di puttana e fagliela pagare.>

Disse le ultime parole in un sussurro che si spense come il suo respiro. Bucky gli chiuse gli occhi e sussurrò:

<Lo farò, amico, te lo giuro.>

Alle sue spalle udì un singhiozzo soffocato. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Yelena stava piangendo.

 

 

Da qualche parte in Medio Oriente

 

Il caldo era opprimente, più di 40 gradi all’ombra e nessuna ombra in vista, ma l’uomo dai capelli biondi e le tempie appena spruzzate di grigio non sembrava sentirlo. Al contrario,  l’uomo davanti a lui sudava abbondantemente. Biondo, carnagione chiara, nativo del Nord Europa o di qualche paese slavo probabilmente, ma a Mike Rogers in fondo non importava saperlo, l’importante e che gli consegnasse il dovuto.

L’uomo controllò rapidamente la merce, un discreto quantitativo di anfetamine, e commentò:

<Ottimo lavoro.>

Decisamente Europa dell’Est, pensò Rogers, forse lavorava per la Mafia Russa, non che gli interessasse-

<Il resto del compenso pattuito è stato appena accreditato. Vuol controllare?>

Senza rispondere Mike estrasse un palmare e compì alcune rapide operazioni.

<Tutto a posto.> disse infine con un lieve sorriso <È un piacere fare affari con voi.>

<Lo stesso vale per noi.> ribatté l’uomo.

Non ci furono strette di mano o altri convenevoli. I due si separarono e poco tempo dopo Mike Rogers era a bordo del jet privato che riportava a casa lui e la sua squadra.

Avevano fatto davvero un bel lavoro a sgominare quella cellula di produttori di anfetamine in  Siria[4] per conto dei loro misteriosi committenti e si erano guadagnati il diritto ad un po’ di riposo.

Fu Crimson Commando assieme ad Iron Maiden a prendere posto nella cabina di pilotaggio.

Frank Bohannan era un veterano della Seconda Guerra Mondiale che tra le tante qualità aveva anche un fattore di rallentamento dell’invecchiamento che lo faceva apparire poco più che cinquantenne. Altre sue capacità, come una mira eccezionale, erano state amplificate da innesti bionici che ne avevano fatto un vero e proprio cyborg. Melina Alexeievna Sokolova, d’altra parte, era un’altra storia:  nata in Russia, arruolata giovanissima nei servizi segreti del suo paese, era stata inserita in un programma speciale noto col nome in codice di Stanza Rossa. Le  dettero un nome in codice: Zheleznaya Deva, Iron Maiden in Inglese, appunto, un nome ispirato da uno strumento di tortura conosciuto anche come Vergine di Norimberga.  Divenne uno dei loro assassini più efficienti. Si diceva che nessuno potesse arrivarle vicino abbastanza da vederla ed essere ancora vivo subito dopo. Uno dei suoi vezzi divenne quello di celare costantemente il proprio volto dietro una maschera di metallo. Ad un certo punto decise di usare le sue capacità sul libero mercato e fu lì che Rogers l’aveva scovata ed arruolata nella sua squadra di supermercenari.

Frank Simpson, Nuke, era un discorso diverso. Non si sapeva con certezza se fosse già mentalmente instabile prima di essere indotto nel progetto per la creazione di un nuovo supersoldato, ma una cosa era certa: i trattamenti subiti per farne un guerriero quasi invulnerabile l’avevano spinto ben oltre i limiti della sanità mentale. Un soggetto da temere ma anche da compiangere. Rogers sentiva una certa affinità con lui ma non l’avrebbe mai confessato a nessuno… tranne, forse, all’ultima componente del suo gruppo: l’attraente ragazza dai capelli castani che indossava un’aderente tuta azzurra ed era seduta davanti a lui. Assieme ad altri agenti dello S.H.I.E.L.D. Gail Runciter era stata catturata dall’Hydra e sottoposta a lavaggio del cervello. Quando Nick Fury aveva scoperto il complotto, tutti gli agenti coinvolti furono trasferiti in una struttura segreta  e sottoposti ad una procedura di de-condizionamento. Con Gail, per chissà quale motivo, ebbe un successo solo parziale: cancellò l’obbedienza all’Hydra ma non una personalità oscura e deviata che forse era sempre stata nel suo subconscio ed aspettava solo il momento buono per prendere il controllo. Sia come sia, ora Gail era la fidata compagna di Mike Rogers, il suo braccio destro. L’unica con cui lui poteva essere il vero se stesso senza timori.

<A cosa stai pensando?> gli chiese lei appoggiando la mano destra sulla sua.

<Che ci meritiamo tutti una vacanza, in Polinesia magari.> rispose lui.

<Sarebbe un’idea. Non ricordo quasi più cosa vuol dire la parola vacanza.>

Un ronzio del cellulare criptato di Rogers interruppe la conversazione.

Lui lesse il messaggio, poi fece un lieve sogghigno.

<Temo che la vacanza sarà rimandata per un po’.> disse.

<Un nuovo incarico? Da parte di chi  e dove?>

-<Lo saprai presto.- fu la sibillina risposta.

 

 

Manhattan

 

Il fotografo di cui aveva parlato Cage si chiamava Ernie Schultz ed era un uomo di almeno cinquant’anni, dai capelli castani che stavano diventando sempre più grigi e sempre più radi. A prima vista poteva semplicemente sembrare sovrappeso, ma ad un’occhiata più attenta ci si sarebbe resi conto che buona parte della sua massa era costituita da muscoli.

Squadrò Priscilla in modo professionale.

<Il fisico c’è.> ammise <Ma sarà capace di fare quello che deve fare?>

<Mi metta alla prova.> rispose Priscilla Lyons.

<È esattamente quello che intendo fare. Spogliati.>

<Come? Qui e adesso?>

<Se non sei capace di farlo davanti a me e Cage, allora non saprai farlo nemmeno davanti ad un obiettivo o a spettatori paganti ed io devo saperlo subito.>

Priscilla ebbe un attimo di esitazione poi cominciò a spogliarsi, in breve tutto quello che aveva addosso giaceva ai suoi piedi.

<Ottimo.> commentò Schultz mostrando ancora una volta un distacco professionale <E tu, Cage, togliti quel sorrisetto ebete dalla faccia e sparisci.>

<Cosa?> esclamò Luke.

<Io e la signorina dobbiamo lavorare e non ci servono distrazioni.>

Luke fu sbattuto in una saletta d’aspetto senza tanti complimenti.  Non gli restò altro da fare che rassegnarsi ad aspettare.

Passò una mezz’ora o poco più, poi Priscilla, di nuovo vestita, uscì ed Ernie la salutò dicendole:

<Ci sentiamo domani per la risposta, Pris, ma non ho dubbi che sarà un sì.>

In ascensore Cage le chiese:

<E allora?>

<E allora pare che sia passata da disoccupata a modella di riviste per soli adulti in un pomeriggio.>

<È pur sempre un lavoro legale.> commentò Luke <Conosco un paio di ragazze che lo fanno e non sembrano lamentarsi.>

<Ma davvero? Hai amiche di quel genere?>

<E anche di peggio: il mio migliore amico, per esempio,  era un ladro, un trafficante di droga e un killer a pagamento.>

<Sul serio? E siete ancora amici?>

<Non direi: ha tentato di uccidermi un paio di volte. Dicono che sia morto ma non sono troppo sicuro che sia vero.>

<Anche le mie conoscenze sono strane, però, se vuoi saperlo.>

<Come Nomad? Non mi hai detto perché lo cerchi.>

<Stavamo insieme anni fa… se è sempre lo stesso che conoscevo e il mio istinto mi dice di sì.  Spèro che possa aiutarmi a chiudere i conti col passato. Ma mi ascolti?>

<Uh... sì, certo. Dimmi: hai dei nemici qui in città?>

<Qui a New York? Non credo, perché?>

<Perché ho appena visto la stessa Lincoln Towncar che qualche ora fa avevo notato davanti all’appartamento dove ti ho portato.>

<Ne… ne sei sicuro?>

<Non mi sbaglio su queste cose. Magari è una coincidenza, ma io non credo alle coincidenze. Non di questo tipo comunque.>

“Nemmeno io”. Pensò, sconcertata Priscilla.

 

 

Rifugio segreto di Crossbones e Madre Notte

 

 Il jet atterrò silenzioso. Dalla cabina di pilotaggio uscirono Crossbones e Sharon Carter, la cui spalla era stata medicata d’urgenza.  Gli uomini del Teschio gli andarono incontro, scortandoli al cospetto di Madre Notte.

<Che ne è di Rogers?> chiese la donna.

<Ci siamo battuti, ed è riuscito a farmela. Sarà di certo andato da Fury a chiedere rinforzi. Ma non conosce l’ubicazione del nostro nascondiglio. Piuttosto, non sono tornato a mani vuote.> disse spintonando Sharon che, ammanettata, era impotente.

<DOV’È  MIA FIGLIA??> gridò furiosa, rivolta a Madre Notte.

<Non preoccuparti, tua figlia è viva. Se continuerà ad esserlo dipenderà solo da te, e non sei tu che dai gli ordini qui. Devi darci Rogers. > replicò quest’ultima.

<Vai al diavolo!> le rispose Sharon.

<Non sei nelle condizioni di trattare, bionda!> urlò Madre Notte tirandole i capelli <Altrimenti non rivedrai mai più la tua mocciosa, mi hai capito?>

<Magari se gliela fai vedere, potrebbe diventare più arrendevole.> suggerì Crossbones.

<Forse hai ragione.> convenne Susan Scarbo  e si rivolse, quindi, a Sharon  <Vedrai coi tuoi occhi che facciamo sul serio.>

Sharon non replicò e si fece spintonare senza protestare lungo il corridoio seguendo Madre Notte.

Improvvisamente, da dietro un angolo,sbucarono due figure e Crossbones si ritrovò una catena  attorcigliata attorno al collo mentre Madre Notte veniva sbattuta a terra da un calcio vibratole da Donna Maria Puentes.

<Ora la pagherai una volta per tutte, schifoso bastardo.> urlò Jack Monroe stringendo la catena.

“Questa non ci voleva” pensò Crossbones.

 

 

Ambasciata della Federazione Russa, Washington D.C.

 

Il Colonnello Anatoly Vladimirovitch Serov, Il rezident[5] del G.R.U.[6] negli Stati Uniti alzò gli occhi dalle credenziali mostrategli dalla nuova arrivata e la squadrò attentamente. La prima cosa che pensò, fu la più ovvia: era molto bella. L’uniforme blu delle Forze Aerospaziali della Federazione[7] non ne mortificava il fisico, tutt’altro. Aveva un caschetto di capelli biondi e occhi azzurri dallo sguardo impertinente che non riusciva  a celare del tutto.

Serov abbassò gli occhi imbarazzato dai pensieri che stava facendo e finse di interessarsi nuovamente alle carte che aveva in mano.

<Capitano Anna Nikolaievna Amasova.> recitò meccanicamente.

<Ai suoi ordini, Colonnello. Sono orgogliosa di essere la sua nuova aiutante di campo.>

<Già, lo immagino. Le sue note di servizio sono impeccabili. È specializzata nelle operazioni sotto copertura, vedo.>

“Il che vuol dire: seduzione e omicidio.” pensò Serov “Per la prima ha indubbiamente le qualità giuste. Per il secondo… beh, sembra fredda abbastanza. “ L’ufficiale continuò:

<Dopo una vita così avventurosa, il lavoro all’ambasciata le sembrerà noioso, capitano. Qui ci si occupa soprattutto di scartoffie e il lavoro sul campo lo lasciamo ad altri.>

<Avevo bisogno di staccare un po’, Colonnello.> si schermì la giovane donna <Le missioni sotto copertura sono stressanti alla lunga: la tensione, la paura di essere scoperti o di perdere la propria identità. Il cambiamento è benvenuto. Appena ho saputo che il posto era libero, ho fatto domanda e l’hanno accettata.>

<Bene per me, ho davvero bisogno di un’assistente. Il suo predecessore si è fatto uccidere stupidamente durante una rapina in un piccolo supermercato. I rapinatori hanno ucciso tutti i presenti e svuotato le casse. Che fine ingloriosa per un agente esperto sopravvissuto a molte missioni difficili. Conto su di lei adesso.>

“il che è esattamente quello che il Krassny Cherep[8] voleva  sin da quando ha fatto assassinare il tuo precedente  assistente simulando una rapina.”  pensò la ragazza a io sono esattamente dove era previsto che fossi e tu presto sarai mio.”

Madame X sorrise soddisfatta.

 

 

Fuori dal covo segreto di Crossbones e Madre Notte

 

Il piccolo aereo ad atterraggio e decollo verticale sembrò apparire dal nulla mentre atterrava. In realtà il suo pilota aveva disattivato la modalità stealth un attimo prima di aprire il portello e saltar giù assieme alla sua compagna.

<Il posto è questo.> affermò con sicurezza il Soldato d’Inverno <La traccia del GPS di Steve finisce qui.>

<L’ingresso deve essere nascosto.> replicò la Vedova Nera <Come faremo a trovarlo in fretta?>

<Io non mi preoccuperei di questo.> ribatté Bucky Barnes <Ci hanno pensato loro ad indicarci la via.>

Un portello nascosto si aprì e ne uscirono parecchi uomini pesantemente armati con indosso le uniformi col simbolo del Teschio Rosso.

Si potrebbe pensare che un uomo ed una donna da soli contro due dozzine di uomini in assetto di guerra  dovrebbero essere spacciati, ma questi due non erano persone qualunque.  Il Soldato d’Inverno aveva imparato a battersi dall’originale Capitan America ed aveva forgiato le sue doti di combattente sui duri campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale. In confronto a ciò che aveva visto ad Omaha Beach o sulle Ardenne, per  tacere del severo addestramento supplementare impartitogli dai Sovietici, i suoi avversari attuali gli sembravano poca cosa. Yelena Belova, da parte sua, aveva sudato duramente per guadagnarsi il titolo di Vedova Nera e non solo non era impressionata ma ribolliva di collera per le atrocità di cui era stata testimone commesse da quegli uomini e i loro capi.

Chi fosse stato testimone di quello scontro  avrebbe potuto ammirare le mosse dei due degne dei migliori maestri di varie forme di combattimento a mani nude. I due Vendicatori Segreti erano anche avvantaggiati  dal fatto che pur decisamente armati meglio di loro gli avversari erano ostacolati dal manovrare in uno spazio ristretto in cui le armi che avevano a  disposizione rischiavano di far più male a loro stessi che a chi stavano combattendo.

Approfittando di un varco il Soldato d’Inverno si era, infatti, proiettato all’interno della struttura nascosta e dopo essersi liberata di un paio di avversari, la giovane Vedova Nera lo seguì senza esitare.

Con una capriola degna di campioni olimpici atterrarono sulle punte dei piedi e fronteggiarono i nemici .

Ci fu una lunga pausa. I loro avversari sembravano indecisi.

A Bucky parve subito evidente che avevano paura di colpire con le loro pallottole qualcosa di delicato, forse un quadro comandi nascosto o, peggio ancora, un qualche meccanismo di autodistruzione tutt’altro che insolito in posti del genere.

Scambiò uno sguardo d’intesa con Yelena ed ebbe la certezza che anche lei aveva capito.

Si mossero all’unisono e con poche mosse stesero gli avversari.

<E ora cerchiamo Steve e Sharon.> disse infine Bucky e senza perdere tempo si avviò per il corridoio seguito da Yelena.

 

 

All’interno del covo.

 

Con una mossa a sorpresa Crossbones fece volare Nomad sopra la sua testa  liberandosi al contempo della sua presa al collo .

Jack non esitò e gli si scagliò contro urlando:

<Maledetto. La pagherai una volta per tutte!>

Crossbones evitò facilmente il suo assalto, troppo  facilmente, pensò Nomad. C’era qualcosa che non andava: lui conosceva quelle mosse.

La figura di Crossbones oscillò come un immagine TV dalla cattiva ricezione. Un attimo dopo fu sostituita da quella di Steve Rogers nel suo costume da battaglia.

<Ma che diavolo... > esclamò Jack, sorpreso.

<Quest’affare deve essersi guastato.> borbottò lui.

<Steve, sei davvero tu?> esclamò, sorpresa, Maria.

L’attimo di perplessità le fu fatale, perché Madre Notte ne approfittò per assestarle un colpo allo stomaco e correre lungo il corridoio. Sharon si sbarazzò delle manette che apparentemente la trattenevano e si scagliò al suo inseguimento.

Era ormai evidente a tutti i presenti che Steve aveva usato un induttore di immagini per sembrare Crossbones ed introdursi nel covo.

“ Il vero Crossbones deve essere suo prigioniero” pensò Madre Notte “Non importa, non ha ancora vinto. Ho ancora un asso nella manica e lo giocherò adesso.”

Si fermò a premere un pulsante su una parete e quel che ne uscì, frapponendosi tra lei ed i suoi nemici, li lasciò sconcertati: si trattava di un Capitan America alto circa 4 metri completo di scudo in proporzione.

<Non può essere!> esclamò Steve <È l’Ameridroide!>

<Chi o cosa diavolo è l’Ameridroide?> esclamò un sorpreso Buck.

<Ti ricordi di Lyle Dekker?> replicò Steve.

<Dekker? Ma era uno scienziato nazista che ormai deve avere più di cent’anni, non… quella cosa.>

<Ci ha trasferito la propria coscienza poco prima di morire.[9] L’ultima volta che l’ho incontrato, eravamo venuti a patti.> [10]

Sharon Carter non sapeva chi fosse  l’Ameridroide e non le importava, quel che contava per lei era  che si frapponeva tra lei e Madre Notte  e che quella sgualdrina sapeva dov’era  tenuta prigioniera la sua Shannon. Senza esitare si tuffò tra le gambe del gigantesco androide e piombò dall’altra parte.

Madre Notte aveva ripreso a correre ma non le sarebbe sfuggita comunque.

<Sharon, non da sola!> urlò Jack cercando di andarle dietro, ma il gigantesco androide gli si parò contro, sbarrandogli il cammino.

<Indietro Nomad...  voglio provare a farlo ragionare.> esclamò Rogers.

<Steve, no! È  un dannatissimo mostro... ti schiaccerà!> urlò Donna Maria, ma il supersoldato non pareva ascoltarla e avanzò con calma quindi si rivolse al gigantesco androide:

<Ascoltami, Dekker, tu avevi capito i tuoi errori e cambiato vita. Non lasciare che gli  eredi del Teschio Rosso ti sfruttino.>

Con un verso gutturale l’Ameridroide calò su di lui un pugno che Steve evitò agilmente.

<Tanti saluti alla diplomazia.> commentò il Soldato d’Inverno scaricandogli addosso l’intero caricatore di due pistole ma i proiettili rimbalzarono sul petto artificiale dell’androide.

<Ti pareva.> commentò Bucky <Per una volta che non ci sarebbero state obiezioni all’uso della forza letale, non serve a niente.>

L’Ameridroide lanciò lo scudo contro di loro. L’enorme disco distrusse tutto quello che incontrò sulla sua strada, facendo a pezzi il covo di Madre Notte.

La Vedova Nera, Donna Maria  e il Soldato d’Inverno colpivano a distanza con le loro pistole, nonostante i loro spari risultassero inutili contro la pelle metallica dell’androide, mentre Nomad faceva da esca schivando gli enormi pugni del robot che si abbattevano su di lui.

<Comandante, ci farà a pezzi. Dobbiamo terminarlo.> disse Yelena.

<Vi ho già detto che ci ho ragionato, in passato. S’era ravveduto. Posso riuscirci di nuovo!> le rispose Steve, intenzionato a non cambiare approccio.

Gli si avvicinò nuovamente, parlandogli con tono risoluto:

<Dekker ascoltami. Ci siamo già passati, anni fa. Il Teschio Rosso cerca di manovrarti. Ma tu non sei una marionetta, sei un uomo. Un uomo con una sua volontà, e che non vuole tutto questo!>

L’Ameridroide si fermò per un istante.  Quelle parole sembravano aver avuto effetto. Steve fece un segno ai suoi di cessare il fuoco e di abbassare le armi.

<Lyle ascoltami. Il Teschio...>

Ma il robot con le sembianze di Cap emise un grugnito quasi animalesco e sferrò un terribile montante destro. Lo scudo energetico di Rogers scattò in tempo e fece si che l’impatto non fosse letale, ma il colpo fece perdere i sensi al supersoldato.

  a terra!> urlò Buck, aprendo nuovamente il fuoco sull’Ameridroide.

<Maria, Jack, pensate a Steve!> ordinò il Soldato d’Inverno, mentre lui e la Vedova, con perfetto sincronismo, fornivano loro copertura; la russa sparandogli da destra, l’altro da sinistra.

Nomad e Donna Maria recuperarono il corpo privo di sensi di Steve.

<Ti prego dimmi che non è...>

<No Jack, è vivo.>  disse Maria tirando un sospiro di sollievo < Provo a farlo rinvenire.>

<Quel fottuto mostro. Hai una carica, nella cintura?> le chiese Jack.

<Si. Cosa vuoi fare?>

<Proverò anch’io “ragionarci” ... ma a  modo mio.>

<Jack... sta attento.> le disse la ragazza, mentre lui avanzava caparbiamente verso il luogo della battaglia.

L’Ameridroide si muoveva in maniera goffa, ma ogni suo pugno distruggeva tutto ciò che colpiva.

<Yelena ascoltami: col mio braccio sinistro posso infliggergli dei danni. Cerca di distrarlo, mentre io mi avvicino.>

<D’accordo. VAI!>

La Vedova Nera puntò entrambe le pistole al volto del gigante di ferro, in direzione degli occhi. Le pallottole non lo danneggiavano ma gli impedivano di vedere, infastidendolo, come punture d’insetto.

Bucky gli si stava avvicinando per colpirlo, seguendo il piano, ma il robot furioso colpì il terreno con una pedata poderosa, facendo perdere l’equilibrio ad entrambi.

Buck era stordito, a terra, impotente. L’Ameridroide era su di lui.

<JAMES!> gridò disperata Yelena, anch’essa a terra.

Il Soldato D’Inverno sarebbe senz’altro morto sotto i colpi del robot, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Nomad; dal nulla, infatti, spuntò la figura di Jack che si appese al collo di Dekker, che venne colto di sorpresa, urlando per la rabbia.

<Manda giù questa, coglione!> disse, infilando la granata nella bocca del robot per poi lasciarsi cadere.

Pochi istanti dopo la carica esplose, facendo saltare la testa dell’Ameridroide, il cui corpo decapitato cadde all’indietro.

<Stai bene?> chiese Yelena a Jack, mentre lo aiutava a rialzarsi.

<Mi fischiano le orecchie, ma sto bene. E tanti saluti a quell’Ameridrone o come diavolo si chiama...>

<Sei stato bravo, Jack.> disse Steve, ripresosi <Avventato, ma molto coraggioso. Ci hai salvato tutti quanti. Grazie.>

<Non dirlo neanche, Steve. Tu mi hai salvato la buccia dozzine di volte. Forza, ora corriamo da Sharon.>

 

La bionda nel frattempo stava dando la caccia a Madre Notte nei sotterranei della base.

Sapeva che Susan Scarbo era spacciata, anche ammesso che quel mostro di ferro potesse sconfiggere Steve e gli altri, lei l’avrebbe comunque presa. Stava di sicuro andando a prendere Shannon come ostaggio.

Era sicura che se la donna fosse riuscita a fuggire di lì con sua figlia, non l’avrebbe più rivista. Doveva impedirlo, anche a costo della vita.

Tanto, qualora le fosse successo qualcosa, Steve si sarebbe preso cura di Shannon, ne era certa.

E questo pensiero la rassicurava.

Avanzava per i cunicoli a pistola spianata, pronta a fare fuoco, quando finalmente avvistò il suo obiettivo: come sospettava, aveva Shannon in braccio, priva di sensi.

  meglio per te che sia ancora viva!> urlò Sharon, puntandole l’arma.

<Carter! Maledetta puttana...>

<Ridammi mia figlia! Mettila già, ORA!>

<METTI GIU’ QUELLA PISTOLA!> urlò la Scarbo, apparentemente senza timore <Te l’ho detto, non sei tu a dare gli ordini qui! Sono ancora io ad avere le carte migliori in mano! Non sparerai a tua figlia, è inutile che bluffi! Io me ne andrò di qui con lei, altrimenti le taglio la gola!>

<Non se t’ammazzo prima puttana!> gridò Sharon, prendendo la mira, pronta a fare fuoco.

<Ah si? E chi colpirai?> improvvisamente, davanti alla Carter l’immagine di Madre Notte con la bambina in braccio si moltiplicò, e davanti a lei apparvero 5 donne con altrettante bambine.

<Metti giù quella pistola Carter. Io non ci torno in una gabbia! Fa come ti dico e forse la tua bambina si salverà!>

Sharon sentì una folle rabbia appropriarsi di se; non avrebbe mai permesso a quella strega di sparire con la sua Shannon.

Abbassò la pistola, ma un secondo dopo estrasse dalla sua cintura una granata.

<NO> disse risoluta < Non te ne andrai di qui con mia figlia, Scarbo. T’impedirò di fare a lei quello che avete fatto con Sin. Non voglio che la mia bambina cresca indottrinata dalla vostra perversa ideologia! Non voglio che mia figlia cresca come una nazista! Piuttosto preferisco vederla morta! Ridammela, o giuro su Dio che salteremo tutti per aria, qui e adesso!> esclamò mostrandole la granata che teneva nel pugno.

<Stai bluffando. Non ci casco.> le rispose Madre Notte.

<TU CREDI?> gridò Sharon <CREDI DAVVERO CHE VOGLIA VEDERE MIA FIGLIA DIVENIRE UNA SADICA ASSASSINA COME TE? CREDI DAVVERO CHE VOGLIA CHE CRESCA IDOLATRANDO UN MOSTRO COME SCHMIDT? GUARDAMI NEGLI OCCHI E DIMMI SE È QUESTO QUELLO CHE VOGLIO PER LEI!>

Era furiosa. I suoi occhi di ghiaccio esprimevano una furia indescrivibile.

Susan Scarbo non aveva figli, ma era una donna, e in quanto tale sapeva che niente al mondo era pericoloso quanto una madre che lotta per la vita dei propri figli.

La Carter non bluffava. Avrebbe fatto esplodere quella bomba.

<V-Va bene, hai vinto! La lascio andare! Vedi? L’appoggio qui, sul pavimento. Ma tu metti via quella bomba, intesi?>

Il corpo della piccola Shannon venne lentamente posato sul pavimento metallico. Madre Notte indietreggiò.

Sua figlia era lì, e pochi metri da lei.

Sharon fissò la Scarbo. Ripose la granata nella cintura.

Madre Notte non fece però in tempo a tirare un sospiro di sollievo che Sharon le sparò due colpi all’addome.

La donna si contorse di dolore. Sharon la guardò sprezzante.

<Ecco cosa succede a chi tocca la mia famiglia.> e con un terzo colpo al petto la finì.

Poi sollevò la sua bambina da terra. Dormiva ancora, a causa dell’ipnosi che le aveva inferto Madre Notte.

Sharon la strinse forte e lacrime di gioia iniziarono a scenderle dagli occhi. Mormorò una preghiera, e poi disse, finalmente sollevata:

<Vieni piccola mia. Torniamo a casa.>

Mentre si avviava a tornare sui suoi passi, lasciò cadere a terra la granata, poi iniziò a correre. La parete alle sue spalle franò rumorosamente ostruendo il passaggio tra lei ed il punto in cui si trovava il cadavere di Susan Scarbo, il che era esattamente quello che lei voleva.

<Sharon, tutto bene?> era la voce di Steve. Lui e gli altri ce l’avevano fatta, la cosa non la sorprese.  Steve e tutta la sua squadra erano capaci di scendere all’Inferno e ritornare senza essersi nemmeno scottati.

Le apparvero davanti un po’ scossi ma in forma.

<Ce l’ho fatta, Steve.> rispose <Ho ripreso la nostra bambina.>

Un sorriso di gioia si dipinse sul volto di Steve che si avvicinò alla piccola ancora addormentata e le carezzò i capelli senza dir niente.

Anche gli altri assistettero alla scena in silenzio, consapevoli del momento. Non avevano avuto bisogno delle parole di Sharon per sapere del legame tra Steve e la piccola: era stato evidente per tutti loro sin dall’inizio, anche se avevano rispettato la scelta di Sharon di non parlarne finora.

Steve lasciò campo libero alle emozioni. Sua figlia era viva e sana e lui non avrebbe smesso di lottare per rendere il Mondo un luogo più sicuro per lei e per tutti.

Il che gli fece venire in mente una cosa.

<Che ne è di Madre Notte?> chiese.

Ci fu una lieve esitazione nella voce di Sharon prima di rispondere e sperò che Steve non la notasse.

<Quella pazza… credevo di averla neutralizzata ma lei ha estratto una granata ed ha tentato di lanciarcela contro. Sono stata costretta a spararle per impedirle di farlo e poi sono fuggita con Shannon. La galleria è crollata alle mie spalle. Credo sia morta.>

Steve l’avrebbe creduta? Non ne era certa.

Alla fine lui disse:

<Se è così, non hai avuto scelta. Avrei voluto prenderla viva. Ci penseranno gli uomini di Fury a recuperare il corpo. Almeno abbiamo preso Crossbones.>

Salirono in superficie e Sharon sentì su di sé gli sguardi degli altri. Avrebbe scommesso che non tutti le avessero creduto, ma al momento non le importava: Shannon si stava svegliando.

<Mamma.> mormorò

<Ciao, piccola mia.> le disse Sharon sorridendo <Mamma e papà sono qui con te.>

E il sorriso della loro figlia fu il premio migliore che lei e Steve potessero sperare di avere.

 

 

EPILOGO UNO

 

 

Sede dello S.H.I.E.L.D. New York, qualche giorno dopo.

 

Nick Fury veniva raramente in quello che ufficialmente era il suo ufficio come direttore dell’agenzia di sicurezza mondiale delle Nazioni Unite, la cui sede era ben visibile dalla finestra, ma stavolta aveva deciso di incontrare lì Sharon Carter.

<Finalmente ci rivediamo, Carter…> la accolse al suo ingresso nella stanza <… le cose si sono fatte frenetiche dal tuo ritorno dalle Hawaii.[11] Sono lieto che tua figlia sia sana e salva.>

<Grazie Nick.> rispose Sharon <Ho temuto il peggio, ma alla fine tutto si è risolto per il meglio, anche se poi non è stato facile spiegare a Shannon certe cose.>

<Parli del fatto che Rogers è suo padre? Non fare quella faccia, l’avevamo capito tutti da tempo, perfino lui.>

<Già, lo immagino. È sempre stato il sospetto più ovvio.>

<Specialmente dopo che dalle analisi mediche su tua figlia è emerso che nelle sue vene scorre il siero del supersoldato.>

<Tu… lo sai?>

<Da un pezzo, ma non preoccuparti: quelle analisi sono state cancellate. Nessuno ne saprà mai nulla se non sarai tu a volerlo.>

Un chiaro invito a dire anche questo a Steve, pensò Sharon, l’avrebbe fatto alla prima occasione utile.

<Ma non è solo per parlare di questo o della missione alle Hawaii che ti ho fatta venire qui.> continuò Fury <Ho appena ricevuto il rapporto del Medico Legale dello S.H.I.E.L.D. sull’autopsia di Madre Notte.>

Sharon si irrigidì. Sapeva bene cosa stava per dire Nick.

<Dal referto risulta che Susan Scarbo è stata colpita tre volte e l’ultima è stata a distanza ravvicinata: in pratica un colpo di grazia>

Sharon continuò a tacere e Fury riprese il suo discorso:

<Non piangerò certo per quella bastarda. Per colpa sua tanti bravi agenti sono morti e si è meritata il suo destino. Volevo dirti che Rogers non saprà mai nulla da me. Per quanto mi riguarda, la questione è chiusa. Lascia, però, che ti dia un avvertimento: so per esperienza che certi segreti possono essere distruttivi e se Steve dovesse, un giorno, scoprire ciò che hai fatto…>

Il volto di Sharon si rabbuiò mentre rispondeva:

<Ci penserò quando succederà… se succederà.>

Non le restava altra scelta.

 

 

EPILOGO DUE

 

 

Prigione Federale di Massima Sicurezza ADX Florence, Colorado.

 

Il prigioniero fu fatto scendere dal furgone blindato. Era legato mani e piedi ad una specie di lettiga e la bocca era bloccata da una maschera di ferro. L’avrebbero liberato solo una volta che fosse stato al sicuro nella cella a lui destinata.

Brock Rumlow, alias Crossbones, si guardò intorno. Da quello che aveva sentito dire, quella era la prigione per non superumani più sicura di tutta la Nazione, assolutamente a prova di evasione.

Non aveva importanza: in qualche modo lui sarebbe riuscito ad uscirne e si sarebbe vendicato di Steve Rogers, Sharon Carter e tutti gli altri.

L’avrebbero visto, l’avrebbero visto tutti.

 

 

FINE

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

Ancora meno del solito da dire, solo due righe di presentazione per:

1)    Ernie Schultz, fotografo per riviste erotiche e porno è un personaggio creato da Peter David & George Perez per la miniserie Sachs & Violens datata novembre 1993/luglio 1994. Ernie è un reduce di guerra che è soprannominato Violens ed è abile nell’uso delle armi e in varie forme di lotta a mani nude. È sottinteso nella sua biografia che ha ricevuto l’addestramento delle Forze Speciali delle Forze Armate degli Stati Uniti, Assieme alla sua amica Juanita Jean (J,J.) Sachs, modella ed attrice porno, si è impegnato in una crociata contro la pornografia violenta e quella minorile con metodi alla Punitore. Vedremo anche J.J. Sachs? Voi che ne dite? -_^

2)    Probabilmente è la prima volta che una supereroina o aspirante tale sceglie come lavoro una carriera nel mondo dell’intrattenimento per adulti. Chi ha mai detto che siamo prevedibili? -_^

3)    L’Ameridroide, creato da Don Glut & Sal Buscema su Captain America Vol. 1° #217 datato gennaio 1978, è in realtà lo scienziato filonazista Lyle Dekker che ha trasferito la sua mente in un androide di sei metri circa identico a Capitan America ottenendo l’immortalità che bramava. Alla fine si pentì dei suoi crimini e Cap lo lasciò libero. Rimase apparentemente ucciso per mano del Teschio Rosso (quello originale). Apparentemente, appunto.

Nel prossimo episodio: finalmente svelata la vera identità degli inseguitori di Priscilla Lyons. Preparatevi ad incontrare: una killer psicopatica, un uomo in fin di vita, un eroe a pagamento dal cuore tenero e la pelle dura, una supereroina vagabonda, un fotografo d’assalto, una pornostar con la frusta e un ragazzo spaventato Non abbiamo dimenticato qualcosa? Ah sì: i Vendicatori Segreti, è vero! Ci sono anche loro, eccome se ci sono, assieme ad un’inaspettata guest star.

Noi ci saremo, non mancate nemmeno voi.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Captain America Vol. 1° 297/300 (In Italia su Capitan America & I Vendicatori #39/40)

[2] Come visto su Vendicatori MIT #90.

[3] Ovvero Patriot dei Giovani Vendicatori.

[4] Nello scorso episodio.

[5] Capo della sezione permanente in un paese straniero di uno dei servizi segreti russi.

[6] Glavnoye Razvedyvatel'noye Upravleniye. Direzione Principale Informazioni, il servizio segreto militare russo.

[7] L’equivalente russo dell’Aviazione.

[8] Teschio Rosso in Russo

[9] Su Captain America Vol. 1° #220 (In Italia su Thor, Corno, #216).

[10] Su Captain America Vol. 1° #263 (In Italia su Capitan America & I Vendicatori #12).

[11] Vedi Lethal Honey #20/21.